Design For 2012, aziende, carlobimbi
Le prime esperienze professionali di Carlo Bimbi risalgono alla fine degli anni ’60, con la progettazione legata all’Industrial Design (rubinetterie, carrozzerie di motori, macchine utensili, etc.). Diplomato all’I.S.I.A. di Firenze, ha svolto attività didattica quale docente di Progettazione presso l’Istituto d’Arte, l’I.S.I.A. e la Facoltà di Architettura della stessa città. Dagli inizi degli anni ’70 il suo lavoro si concentra nel settore industriale del mobile e degli oggetti d’uso. Nel 1968 – 1969 è nello Studio Nizzoli Associati di Milano, in un momento di grande fervore per il design italiano che lo vede collaborare con personalità di rilievo quali Alessandro Mendini e G. Mario Oliveri. A questa preziosa esperienza fa seguito la nascita a Firenze negli anni 1970 – 1983 dello studio Internotredici Associati, con Gianni Ferrara e Nilo Gioacchini. Sono gli anni del Tuttuno, mobile totale esposto nel 1972 al MOMA di New York nella mostra “ Italy: The new domestic landscape” e della partecipazione alla nascita di importanti realtà produttive in Toscana quali SEGIS e FERLEA. Dal 1985 lavora autonomamente. Il settore in cui si concentrano le attività di Carlo Bimbi sono l’arredo casa e l’arredo bagno. La sua strategia progettuale si avvale sempre del contributo di un rapporto stretto con le aziende, non trascurando sia la parte di stretta pertinenza del design che quella della comunicazione del prodotto. Altrettanto significativa è l’attenzione al mercato, che completa il percorso progettuale nel quale Bimbi si riconosce. Ha disegnato tra gli altri per Arketipo, B&B Italia, Bontempi, Ciatti, Casprini Gruppo Industriale, Annibale Colombo, Dema, Falegnameria 1946, Fratelli Guzzini, Ifi Industrie, La Falegnami Italia, Neolt, Nobili rubinetterie, Segis s.p.a., Seven, Zucchetti rubinetterie. Ha contribuito alla nascita di ADI TOSCANA, della quale è vicepresidente, ed è membro della Commissione ADI INDEX per l’abitare.
Taxido, 2010, per Segis S.p.A.
Come mai ha deciso di creare un profilo sul portale Promote Design nonostante sia già un progettista affermato?
Intanto penso che il percorso professionale di chiunque sia caratterizzato da una continua ricerca, per cui considerarsi affermato è fuorviante. E per essere al passo con i tempi, e quindi avere le possibilità per quella continua ricerca, bisogna fare i conti con la comunicazione, in entrata ed in uscita, in tutte le sue variabili. Oggi è il tempo della rete, ed è mio interesse parteciparvi, anche per responsabilità nei confronti dei giovani che collaborano nel mio studio.
Che valore aggiunto pensa possa dare un’iniziativa come quella del libro/catalogo ideato da Promote Design ai giovani designer?
Penso, ma più ancora spero, che questo serva a far conoscere giovani desiderosi di affrontare questo settore. È innegabile che il design abbia come interlocutore un mercato sempre più ampio, esigente e variegato, e che la figura del professionista chiuso nel suo studio e in progetto puramente formale non abbia più spazio. Mi auguro che questo libro/catalogo possa raggiungere anche quelle aziende che fino ad ora hanno fatto a meno del contributo del design e addirittura ignora le potenzialità importantissime che un progetto qualificato può offrire loro.
Ci racconti il suo primo contatto con un’azienda e la storia del suo primo prodotto.
Avevo venticinque anni quando ebbi l’occasione di partecipare al Concorso per nuovi modelli da realizzare in laminato ABET PRINT al MIA di Monza( Mostra Internazionale dell’Arredamento: peccato che non ci sia più, ma è segno dei tempi…). Mi stavo interessando in quel periodo ai problemi legati alla prefabbricazione degli interni e di come piani verticali ed orizzontali potessero articolarsi diversamente tra di loro originando spazi e funzioni. Nacque in tale occasione il “Tuttuno”. Per il concorso si dovevano presentare dei prototipi e quindi il problema, oltre che progettuale, era di come agganciare una azienda disposta a realizzarli. Per fortuna, vicino allo Studio Nizzoli si trovava il negozio di Turri di Bovisio che avevo il piacere di frequentare. Proposi al titolare, Franco Turri, l’iniziativa ed il progetto, e lui fu immediatamente disponibile con entusiasmo ad investire in questa operazione. Non era cosa da poco, perché il “Tuttuno” è un mobile con caratteristiche di ingombro notevole (200 x 200 x 130). Fu un oggetto di successo, accolto sulle riviste specialistiche e addirittura esposto al MOMA di New York in occasione della importante mostra sul design italiano (1972). Recentemente nel gennaio 2006 è stato addirittura battuto all’asta da Sotheby’s a New York ed ora fa parte della collezione permanente del MOMA. Ripensando agli anni del “Tuttuno”, mi viene in mente un periodo fertile, ricco di iniziative che permettevano ai giovani di cimentarsi nel settore del design affiancati da aziende disposte ad investire e riviste del settore che pubblicavano le novità con sincera curiosità verso le sperimentazioni.
Accademia, 1989, per Arketipo S.p.A.
Secondo lei quali sono i fattori di riuscita di un prodotto?
Oggi come in passato, e prevedo anche in futuro, un prodotto funziona quando in esso confluiscono una creatività vera e non effimera, una capacità realizzativa che ottimizzi l’ideazione con la produzione, una comunicazione altrettanto efficace e convincente. Questo in linea di massima… Certo i tempi sono difficili e sostenere prodotti che in massa sono buttati sul mercato senza il sostegno di un marchio affidabile e garantito è un’impresa suicida. Il made in Italy soffre per la concorrenza del mondo, ma anche – e prima di tutto! – per la mancanza di progettualità globale. Credo, cioè, che il sistema Italia, che ha dato tanti frutti e tanta soddisfazione a chi vi ha partecipato, oggi sia in crisi di futuro. Non si investe più; non si accettano progetti ma si cercano idee-spot, dell’ultima ora, il tutto per non affrontare la questione più grande che è quella del progetto aziendale. Solo quando si saranno fatti i conti con il futuro, e si saranno chiariti i percorsi che si vogliono fare, allora, passo, ci si potrà incamminare di nuovo nella grande avventura del design e della creatività italiana.
Zenith, 2009, Segis S.p.A
Che consiglio sente di poter dare ad un designer emergente?
Visti i tempi, mai come adesso mi sento di consigliare studio e perseveranza! Solo attraverso un ritorno ad una vera cultura del progetto, si potrà recuperare credibilità in questo settore che oggi più che mai è aggredito dalla moda e dall’idea che chiunque, pur bizzarro ed estroso, possa cimentarsi in questo campo. Trovo davvero fastidioso che, dall’epoca della scuola del Bauhaus tutta intrisa di senso teutonico del dovere e della sacralità del progetto – magari anche un po’ eccessiva per noi latini…-, oggi si sia passati all’opposto a considerare il design come il terreno del futile, dello stravagante, del bizzarro. Che i tempi siano da tardo Impero, l’abbiamo capito, ma ci potrebbe anche essere un limite alla decenza: e questa sarebbe una svolta utile e necessaria per ridare vita al design e ai giovani.
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