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		Andra Branzi Architetto e designer www.andreabranzi.it

Architetto e designer, Andrea Branzi è nato a Firenze nel 1938, dove si è laureato nel 1966, vive e lavora a Milano dal 1973. Dal 1964 al 1974 ha fatto parte del gruppo Archizoom Associati, primo gruppo di avanguardia noto in campo internazionale, i cui progetti sono oggi conservati presso il Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università di Parma; la sua tesi di laurea e numerosi progetti sono conservati presso il Centro Georges Pompidou di Parigi. È co-fondatore di Domus Academy, prima scuola internazionale post-laurea di design. Autore di numerosi libri sulla storia e la teoria del design, ha curato molte mostre di questo settore in Italia e all’estero. Nel 1987 ha ricevuto il Compasso d’Oro alla carriera. È Professore Ordinario e Presidente del Corso di Laurea alla Facoltà di Interni e Design al Politecnico di Milano. Intervista Non so se il mio caso può essere significativo per le nuove generazioni. Mi sono laureato nel 1966, in un periodo nel quale il mondo (e il progetto) stavano cambiando rapidamente e profondamente; io mi sono collocato da subito all’interno di queste trasformazioni e ai movimenti di avanguardia giovanili, interessati alla politica ma soprattutto ad affrontare i limiti culturali della Modernità classica. In questo senso il mio atteggiamento, e quello del “movimento radical” di cui ero militante e teorico, rispetto alla domanda industriale è sempre stato quello di non domandarsi di che cosa questa avesse bisogno, ma al contrario di come l’industria fosse disponibile a realizzare ciò che stavamo progettando. Anche se è passato del tempo, credo che sia un atteggiamento che bisogna insegnare anche alle nuove generazioni: non limitarsi a risolvere problemi ma piuttosto aprire dei problemi nuovi. Scoiattolo, Alessi, 2010 Il XXI secolo è iniziato in un clima molto diverso dal secolo precedente e ho l’impressione che ancora la cultura del progetto non ne è del tutto consapevole: troppo auto-referenziale, troppo edonistica, molto superficiale e troppo lontana dalla realtà. Superonda, Poltronova, 1967 In questo senso il mio impegno è quello di sperimentare una nuova “drammaturgia del progetto” in grado di affrontare quei temi che la Modernità Classica non ha mai considerato; temi antropologici come la vita, la morte, il sacro, l’universo naturale e animale. Tra breve anche l’industria comincerà a capire che non è sufficiente la semplice “innovazione” e che gli oggetti torneranno a essere testimoni del loro tempo. Wrist watch, Alessi, 2006 In questo senso la differenza fondamentale tra la mia generazione e quella dei giovani consiste nel fatto che noi avevamo l’idea di operare all’interno di macro-strategie di trasformazione (spesso fallimentari), mentre quella attuale opera soprattutto sulle dimensioni molecolare, sugli spazi interstiziali, sui frammenti funzionali, che però sono quelli capaci di intervenire sulla qualità reale della vita quotidiana. Noi viviamo in un sistema che non si “sviluppa” in una direzione, ma si “espande” su se stesso: il concetto di “futuro” non ha più senso; solo il “presente” è importante. Safari, Poltronova, 1967 Ho avuto la fortuna di collaborare con grandi personaggi come Ettore Sottsass, Pierre Restany, Toyo Ito, Arata Isozaky, di essere amico di tutti i così detti Maestri; persone che mi hanno insegnato molto, ma a cui (credo) di avere dato molto. Assale, Cassina, 1968 I progetti che più mi interessano sono quelli che nascono dopo una lunga riflessione o da una intuizione improvvisa; non sono interessato alle programmazioni industriali, al marketing, alle strategie commerciali. Credo (con molta ambizione) che siano loro che devono essere interessate a ciò che faccio… Mamà-ò, Alessi, 1988