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Emilio Nanni

 
 
Architetto, designer, pittore. Nato a Bazzano, Bologna nel 1955.Laureato in Architettura a Firenze. Fonda nel 1986 lo studio | ENd+a | occupandosi di architettura, riqualificazione urbana, design, interior design, art direction e graphic design per numerose aziende italiane. Nel 2016 affianca allo studio | ENd+a | AtelierNanni, una startup fondata con Cesare Ehr Nanni, che si occupa di “design consulting strategic” per riconvertire quelle aziende che vogliono indirizzarsi al settore del mercato Design Oriented. Ha svolto attività didattica tenute lezioni e conferenze in diverse Facoltà Italiane. Come architetto ha progettato numerosi interventi a varia scala e realizzato architetture residenziali per una committenza privata in diverse città italiane.
“Il linguaggio di Nanni propone, con grande coerenza, una personale e sofistica interpretazione della corrente minimalista“ scrive Marco Romanelli a proposito del lavoro di designer di EN. e innumerevoli sono le collaborazioni con  importanti aziende  italiane tra le quali Billiani, Bross, Cabas, Calligaris, Cyrcus, DaA Italia, De Castelli, Guzzini, IFI Metalmobil, HauteMaterial, Laboratorio Pesaro, Lamm, Mdf Italia, opificioitalia 963, Pianca, Saba, Slow Wood,Trabà, Tonelli, Tonon, Valadier Gioielli, Zanotta, Zeritalia, etc...
Presente in numerose mostre dedicate al design sia in Italia che all’estero,  i suoi lavori sono stati pubblicati su innumerevoli riviste, saggi, blog, siti di design e architettura nazionali ed internazionali. 
“Un oggetto di design deve avere in se rassicurazione e rivoluzione: deve essere il testimone del tempo nel quale è stato ideato e consegnarci una possibile apertura per il futuro” in queste parole di EN è racchiusa la chiave di lettura della suo lavoro che nella definizione del contemporaneo attraverso il design, ha orientato tutta la sua ricerca. 
Pittore,sperimentatore del segno e della materia, il suo lavoro d’artista è stato recensito e analizzato da importanti critici d’arte ed ha esposto in diverse mostre personali in gallerie e musei e i suoi lavori sono presenti in molte collezioni pubbliche che private in Italia e all’estero. Vive e lavora Bologna.
 
 
Di fronte alla domanda che spesso mi viene rivolta circa le principali differenze tra design degli anni 80/90 del secolo scorso (già nominare il periodo è sufficiente per incrinare ulteriormente le mie poche certezze) e quello di oggi, credo che la differenza stia nella quantità di informazioni che oggi si possono reperire in tempo reale rispetto agli anni in cui ho iniziato ad occuparmi di design. Questa affermazione rasenta la banalità, ma è certamente vera: il grado di velocità di reperimento delle informazioni ha segnato le due epoche soprattutto modificando il volano d’apprendimento, l’acquisizione ed elaborazione dei dati, la fase di ideazione del progetto e della sua definizione virtuale e reale. La conseguenza diretta di questo mutamento è un più ampio approccio al progetto in tempi ristretti inserendo il concetto “in tempo reale“ come cifra della contemporaneità e la sua misura temporale acquisita.
 
Io provengo da una formazione di tipo metodologico classico (anche se poi per indole ho superato questa forma di costrizione) che mi ha fornito gli strumenti basilari utili per agire con una visione euristica su una varietà di scala relativamente ampia. La formazione di architetto che si occupa anche di design, era comune a molti e “dal cucchiaio alla città“ di Ernesto N.Rogers era un assioma acquisito. Esistevano poche facoltà che avevano l’indirizzo ”Industrial Design” (credo solo Politecnico di Milano) e qui c’erano molti docenti che erano al tempo stesso insegnati e designer professionisti di prestigio (Zanuso, Castiglioni, ect); oggi la presenza e l’offerta della didattica del design è diffusa e ampissima con la conseguenza di una crescita esponenziale della figura del designer e della offerta di “ipotesi di design” che va dal livello di proposta progettuale renderizzata sino all’autoproduzione (che è in ogni caso un dato positivo). E anche questa è una differenza sostanziale tra i due periodi. Esiste però una costante assoluta indipendente dal periodo storico che nonostante i mutamenti antropologici che subisce un periodo rimane intonsa e uguale e se stessa è l’intuizione. Il termine intuizione deriva dal latino intuitio; il verbo intueri ha il significato letterale di “osservare dentro”. Credo che sia direttamente proporzionale al talento ed è una sorta di “limpida chiarezza” su un determinato tema. Analizzando più attentamente (non ho elementi scientifici che suffraghino quanto affermato ma solo la mia verifica sul campo) penso che sia un mix di elementi combinati costituito da una componente congenita, come l’intelligenza, la sensibilità, la curiosità e la memoria visiva, abbinata ad un’altra componente, che è quella culturale e cioè l’allenamento alla elaborazione e all’interscambio uniti ad una ampia conoscenze teorica e tecnica e la capacità di vedere criticamente “l’insieme” e collocarlo criticamente all’interno della contemporaneità percepita dal designer. Tutto ciò, paradossalmente per “riconoscere” quel momento di “limpida chiarezza” che permette di scavalcare ed elaborare le cose senza dover ricorrere al ragionamento e quindi cogliere immediatamente qualcosa senza aver bisogno dell’aiuto della ragione. Un altro elemento sostanzialmente rimasto invariato è il rapporto che il designer instaura con l’industria. La maggior parte della produzione industriale è per definizione congiunta al design (industrial-design) e il designer non può esistere senza la serialità produttiva nè tanto meno l’industria può esistere senza il “valore aggiunto” creato dal progetto. Ne discende che il rapporto tra le parti sia (auspicabile) dialettico e arricchente con l’obiettivo di vincere poi la partita sul “mercato” che rappresenta l’ultimo elemento indispensabile nella definizione della filiera dell’oggetto seriale di design.
 
 
L’industria è fatta di persone all’interno di un organismo gerarchizzato e solitamente il titolare d’impresa è l’interfaccia esecutiva del designer ed è anche il trade union con la parte commerciale che poi diffonderà sul mercato l’oggetto disegnato e prodotto. Appare chiaro come la figura dell’imprenditore sia una parte sostanziale e imprescindibile nella definizione e realizzazione dell’oggetto di design. Va da sé che affinità e sintonia tra designer e industria siano fondamentali e imprescindibili e questo attiene agli ambiti più o meno fortunati del caso. La storia del design è ricca di questi connubi: Dino Gavino e Carlo Scarpa, Franco Albini e Carlo Poggi, Antonio Citterio e Ambrogio Busnelli etc. Ho avuto la fortuna di conoscere Aurelio Zanotta nel 1987: accettò la mia proposta di una panca chiamata “Pamina” e realizzò i prototipi. Seguirono diversi incontri per discutere del prototipo e della sua messa a punto e, per me che iniziavo in quel periodo la professione di designer, era come un sogno discutere un mio progetto con Aurelio Zanotta che rappresentava l’icona dell’industriale del design. Del progetto “Pamina“ sono rimasti i prototipi esposti in numerose mostre e un importante ricordo e contributo alla mia formazione. Zanotta è stata poi un’azienda con la quale ho realizzato nel 2001 la poltroncina Drop e segnalato su ADI DESIGN INDEX nel 2002, i letti Eco e Zen prodotti nel 2003, che seguivano i dettami dei prodotti BioCompatibili. Nel 2013 è stata la volta de i Tavolini INK e nel 2014 degli sgabelli Twist. La mia attenzione progettuale è sempre stata rivolta al tema della seduta e in particolare la “sedia”. Durante l’università e ancora oggi, era diffuso l’assioma che era quello della difficoltà di “disegnare una sedia“ sembrava un’affermazione incomprensibile e iniziò così per sfida la mia attenzione al tema. Poi entrando nella materia capii che la difficoltà stava nel coniugare più livelli: prestazione, ergonomia, staticità strutturale ed efficacia tecnica, il tutto abbinato ad un livello di innovazione concettuale ed estetica e che sia rappresentativo di una contemporaneità percepita dove il designer ha la responsabilità di restituire con la forma compiuta una nuova identità con immediatezza. In questo senso un mio prodotto al quale sono stato e sono affezionato è appunto al poltroncina DROP per Zanotta, purtroppo non più in produzione. Recentemente la sedia Doll prodotta nel 2010 da Billiani, è un progetto al quale sono molto legato perché lo reputo un prodotto “esatto” progettualmente e peraltro con un immediato apprezzamento del mercato. Altre collezioni, come “Croissant”, ”Spy” e la recente “Fratina” si sono aggiunte consolidando la collaborazione con Billiani, riconoscendo il concetto di “sintonia” come un valore imprescindibile per il raggiungimento di un buon risultato.  Alcuni consigli ai giovani designer: una solida cultura umanistica e una altrettanto cultura del progetto, sia architettonico che del design, coltivare il disegno a mano libero in parallelo con ogni tipo di resa virtuale. Fare molta attenzione alle intuizioni e saper riconoscere sia le proprie che quelle altrui. Studiare e frequentare l’arte in ogni sua forma. Esercitarsi alla politica (quella di Platone) e all’economia. Conoscere e sapere cos’è il mercato e il marketing. Essere psicologici e mantenersi in buona salute.
 
FRATINA CHAIR, Emilio Nanni per Billiani, 2016, Red Dot Award: Product Design 2016 - design 
 
Architect, designer, painter. He was born in 1955 in Bazzano, Bologna. He graduated in Architecture in Florence. In 1986 he founded the | ENd+a | studio in which he worked for different Italian companies by dealing architecture, urban requalification, design, interior design, art direction and graphic design. In 2016 the activity of his | ENd+a | studio is supported by the recent establishment of AtelierNanni, a start-up business founded together with Cesare Ehr Nanni. AtelierNanni is involved in “design consulting strategic” and it aims to reconvert those firms that would like to address their business toward the Design Oriented market.
He taught lessons and gave lectures at many Italian universities. As architect he projected very big architecture interventions and made also residential architecture projects in various Italian cities commissioned by private clients. 
Marco Romanelli states that “Nanni’s language proposes with great coherence a personal and sophistic interpretation of the minimalist trend”. In these words he describes the work of the designer EN. Several are the collaborations with important Italian firms like Billiani, Bross, Cabas, Calligaris, Cyrcus, DaA Italia, De Castelli, Guzzini, IFI Metalmobil, HauteMaterial, Laboratorio Pesaro, Lamm, Mdf Italia, opificioitalia 963, Pianca, Saba,Slow Wood,Trabà, Tonelli, Tonon, Valadier Gioielli, Zanotta, Zeritalia and many others. 
He participated in many design exhibitions in Italy and abroad. His projects were published on countless magazines, papers, blogs, national and international websites specialized in design and architecture.
“A design object should communicate reassurance and revolution at the same time: it has to be the witness of the time in which it was conceived by also giving us a possible openness to the future”, in these words we can see the contemporary interpretation through design as EN conceives it, he focused all his research around this concept.
Painter, sign and material researcher, his artistic works were reviewed and examined by many important art critics and they were exhibited in solo shows, gallerie as well as museums. His creations are showed in many private and public collections both in Italy and in foreign countries. He currently lives and works in Bologna.
 
When I’m asked to answer the question about the main differences between 80’s-90’s design (just by naming the period one can understand the fact that I don’t have precise ideas concerning this) and design performed nowadays, I usually reply that the main diversity relates the amount of real time information one can find. It constitutes one of the main improvement since when I started dealing with design. This is certainly not a very original consideration, but it’s still true. The fast way of receiving and finding information differentiates very much the two periods by changing the know-how process, the data acquisition and elaboration, the designing of projects and their virtual and analogic representation. The direct consequence to this dynamic is a faster approach to the project along with the definition of the real-time as a fundamental element of contemporary reality.
I was taught a classic methodologic education (even though I went beyond that sort of constriction) that provided me with the basic tools to act within an empiric vision. I received the sort of education it’s generally imparted to architects dealing with design. That sort of training was very common and, as asserted in the book “dal cucchiaio alla città“ by Ernesto N.Rogers, it was a sort of diffused axiom. There were few university courses named “Industrial Design”, I think the Politecnico di Milano only. Here there were a lot of famous professors that, at the same time, worked as designers (Zanuso, Castiglioni, ect). Nowadays, the design educational offer is very spread and variegated, with a consequent increase of designer role and of the “design hypothesis” expressed for example by the rendering version of the project, the 3D printing, the self-made production; this is one of the main difference between the two periods mentioned before. Nevertheless, it exists a constant feature that, regardless of the anthropological change, it is always the same, we are talking about intuition. 
The term intuition comes from the Latin intuitio; the verb intueri which literally means “to observe from the inside”. I think that this element depends very much on the talent and it is a sort of “light clearness” on a specific theme. By analyzing this aspect (I want to underline that I don’t have scientific elements supporting what I have said but only my experience), I think that it is composed of a series of mixed elements. In particular I’m talking about genetic features (like intelligence, sensitivity, curiosity, visual memory) and cultural aspects like the training to elaboration along with a vast theoretical and technical knowledge and the ability to see the “whole” in a critical way placing this interpretation in the contemporary time as it is perceived by the designer. All this is fundamental to “recognize” that moment of “light clearness” allowing to process and then go beyond things without employing the act of thinking. 
In other words, it gives the opportunity to immediately understand without having the necessity to use the reason. Another element that stayed the same, is the relation that the designer develops with the company. Most of the industrial production is linked to design (industrial-design). Design couldn’t exist without mass production and at the same time, the industry sector couldn’t produce without the “additional value” brought by the project. It derives from this fact that the relationship between these two parts (designers and companies) is (desirable) dialectical, and has the aim to win the game on the market, the last fundamental phase in the design object production process. Industry is made of people working inside a hierarchic organism. Usually, the company owner represents the executive part after the designer project along with the commercial part, responsible for the distribution of the design product.Of course harmony and accord between designer and corporations are essential aspects, this applies to all the contexts. Design history is full of that sort of idyllic situation: for example Dino Gavino and Carlo Scarpa, Franco Albini and Carlo Poggi, Antonio Citterio and Ambrogio Busnelli etc. I had the opportinity to meet Aurelio Zanotta in 1987: he accepted my proposal to realize a bench called “Pamina”, so he made the prototypes. Following meetings were organized to discuss the projects and their realizations. To me, a young designer beginning his profession, it was like a dream to talk about my projects to Aurelio Zanotta, a so famous designer, icon of contemporary design. “Pamina” still exists in its prototype versions exhibited in various shows, of course it still exists in my memory and as part of my training. Zanotta is an undoubtedly very important company for me, with which I had a very long collaboration. In 2001 we made the arm chair Drop (quoted in ADI Design INDEX), then the beds Eco and Zen, produced in 2003, following the principles of Bioarchitecture and Echocompatibility. In 2013 we realized the tables “INK” and in 2014 the tool “Twist”. Most of my attention and interest focus on the theme of sitting furniture, in particular the “chair”. At university the idea that designing chairs was particularly difficult was very diffused. It seemed to me a quite exaggerated consideration and in that way, I developed my special attention to the theme, as a sort of challange. By dealing more specifically with chair design, I understood that the main problem was combining several levels: performance, ergonomics, structural static nature and technical effectiveness; all this mixed with conceptual and aesthetic innovation. Furthermore, the project should immediately express a contemporary meaning by the realization of new factual shapes. In this sense, one of the products to which I am mostly attached is the arm chair DROP for Zanotta, unfortunately not produced anymore. The chair Doll, recently produced in 2010 by Billiani, is a project that I love very much because I think it is projected in the “proper, exact” way. It was accepted in a very enthusiastic way by the market too. Other lines like “Croissant”, ”Spy” and “Fratina” have strengthen the collaboration with Billiani, and I started looking at the accord between the company and the designer, as an essential value to reach a good result.

 

 



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