Design senza designer è un’incursione negli altri mestieri del design. La sfida del libro è quella di provare per la prima volta a raccontare il design dopo gli anni Zero senza attingere a tutto quell’universo di nomi di designer, prodotti e aziende, che normalmente lo descrivono, ma provando a immaginare che la modalità più interessante per la narrazione del design italiano contemporaneo attinga, in realtà, a un corollario di professioni – tra artigiani, terzisti, uffici tecnici, venditori, imprenditori, giornalisti, curatori – che ruotano attorno a quella dei designer (ma non coincidono con essa) e nelle quali a loro volta i designer stessi spesso fanno incursione. E che qui risieda la cifra italiana. Un saper fare bene che significa sì fare manuale, creare e produrre, ma anche pensare, intraprendere, comunicare, distribuire, gestire bene.
Luoghi comuni, mestieri speciali. Il libro incontra più di quaranta figure che, insieme alle loro storie, hanno aiutato a delineare il senso delle loro professioni, a far luce su territori spesso rimossi nella narrazione del design e provare anche a superare alcuni luoghi comuni, come quelli sul made in Italy, sul futuro artigiano, sulle ragioni della crisi, sul recupero delle maestranze, sul presente nel confronto con il passato, facendo del design quindi anche uno specchio dello spaccato del mondo del lavoro o dei lavori che hanno a che fare con la produzione materiale di qualità in Italia. Alcuni di questi “emblemi” compongono una galleria di ritratti che illustra la parte centrale del libro.
Naturalmente Design senza designer considera anche il luogo comune per eccellenza di questi tempi e cioè la tesi per la quale tutti sarebbero designer, con tutte le importanti ricadute sulla sprofessionalizzazione della figura del designer.
Proprio i designer, però, a loro volta costretti a svestire i panni di creatori assoluti, unici e indiscussi, stanno conquistando competenze allargate che si auspica coinvolgeranno sempre più processi e produzione, materiale ma non solo, di prodotto ma non solo, e che nel libro si prova a raccontare.
Da alcune interviste contenute nel libro è nato questo documentario, in cui si prova a sondare anche la resistenza di alcuni luoghi comuni che oggi affollano i discorsi sul design italiano, a partire da quello per eccellenza della nostra epoca, secondo il quale “tutti sono designer”, fino ad arrivare a made in Italy, futuro artigianato, crisi dei distretti, morte del retail e primato del passato sul presente.